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venerdì 1 novembre 2013

Terra contaminata

Terra contaminata




Sul cartello c'era scritto : “Vendesi terreno agricolo , 10.000 m2 , 5000 €, per informazioni mi trovate nella casa alla fine della strada”. Enrico e sua moglie Elvira erano proprio alla ricerca di questo, un terreno umile ad una cifra molto bassa. Quello che li sorprendeva era proprio il prezzo, troppo basso anche per un piccolo pezzo di terra come quello. Avevano pensato bene di chiedere al padrone se c'era qualche seccatura in merito , così si diressero verso la sua casa. Si fece avanti Enrico che bussò alla porta. Nessuna voce. Nessun rumore di passi. La casa era deserta. All'esterno il legno che la formava era tutto consumato, la porta graffiata come da un artiglio grande quanto un uomo. L'area anche era desolata. Soltanto un casaletto 100 m a sinistra della casa. Il sole stava per tramontare e dopo cinque minuti di attesa la coppia aveva deciso di lasciar perdere. Elvira, voltandosi, vide la porta aprirsi lentamente verso l'interno fino a sbattere leggermente. Da fuori,a causa del gioco di luce, non si vedeva nulla. Solo una porta aperta nel buio. Così si riavvicinarono all'uscio. All'improvviso un braccio assai pesante si posò sulla spalla di Enrico, il quale si gira e trova davanti a se una silhoulette imponente. Era l'addetto alla vendita del terreno, che durante il fine settimana viveva in quella casa semi abbandonata. Jeans, camicia scozzese a maniche corte e un berretto blu. Si presentò con un sorriso gentile e una stretta di mano forte il signor Tullio. Alle domande poste, replicò alla coppia che quel terreno lo aveva ereditato da uno zio, il quale fu trovato morto, forse per disidratazione, all'interno del casaletto. Essendo l'unico parente più vicino ereditò il terreno e non avendo voglia di curarlo lo mise in vendita a quel prezzo per farci giusto due soldi. Non sapeva se il terreno era in cattive condizioni. C'era una serretta al centro, alta un metro e mezzo con il nylon sporco di terra. Forse era stata fatta per i pomodori.
Ad una corta chiacchierata seguì l'accordo. Enrico ed Elvira avevano dei risparmi da parte e decisero di comprare il terreno pagandolo in un unica soluzione. Assegno di 5000 € ed affare chiuso. Tullio prese l'assegno con aria seria emettendo un sospiro di sollievo. Un sollievo interno dopo una burrasca causata un qualcosa di profondo, di misterioso, lugubre. Con il volto sudato, sorridente, salutò la coppia e andò verso il suo Pick-up posteggiato sul retro della casa. Si era dimenticato però di dare loro la chiave . Così tornò indietro e consegnò le due chiavi: una della casa, l'altra della piccola costruzione a sinistra. Se ne andò.
I nuovi proprietari, felici, decisero per prima cosa di visitare la casa, anche se non importante poiché ne avrebbero usato solo il bagno. Entrarono e trovarono la casa vuota, non c'era mobilia. Era composta da una stanza, un bagno ed un cucinotto. Al centro dello stanzone c'era un tavolo e quattro sedie di legno consumato. L'abitazione era fetente. Dal bagno veniva una forte puzza di cadavere, da far pensare che fosse la casa dei morti viventi. Era probabilmente la fogna intasata da sporcizia e quant'altro. Dopo questo brevissimo sopralluogo decisero di tralasciare il casaletto e rifare i quindici kilometri per ritornare alla loro casa. Dunque dovevano soltanto preparare il terreno per la settimana successiva e acquistare il materiale. Comprarono dei sementi di melanzana, di lattuga, radicchio, pomodori e lasciarono da parte qualche tubero di patata. Tornarono due giorni più tardi, eccitati, non vedevano l'ora di iniziare a produrre con cura e amore quello che, mesi più tardi avrebbe nutrito i loro corpi e le loro anime. Sì perché la soddisfazione di mangiare ciò che è auto prodotto sazia anche lo spirito.
Enrico si occupava del controllo del sistema di irrigazione mentre Elvira tentava di eliminare quel fetore nel bagno. Tutto funzionava a meraviglia, era solo necessario preparare la terra. Non avevano bisogno di tutto il terreno ma solo di una parte. Così si concentrarono su quel pezzo. Con un po di impegno misero solo due giorni per prepararlo. Smontarono la piccola serra e bagnarono il terreno per constatare il tempo e la qualità dell'assorbimento dell'acqua. Trentacinque minuti ed il terreno pronto. Mentre facevano i solchi, dalla terra saliva un odore molto forte, come di fiori marci. Diedero poca importanza al fatto. Passarono alla semina. Passarono settimane e settimane prima di vedere i frutti – in questo caso verdure – del proprio lavoro. Gli ortaggi emanavano dei profumi intensi, buoni , a tal punto di assaporarli con il solo senso dell'olfatto. Dunque iniziarono a raccogliere. Dei pomodori rossi, qualche melanzana e un po di lattuga per il pranzo. Elvira li pulì con cura, fece un insalata e le melanzane grigliate. Quel giorno fecero quasi indigestione della piccola parte di raccolto. Erano soddisfatti, felici, per la qualità degli ortaggi. Passarono cinque giorni e i due cominciarono a soffrire di lievi dolori articolari. Il sesto giorno ebbero continui sbalzi di temperatura, da febbre molto alta a ipotermia. Il settimo giorno dei forti crampi allo stomaco. Non riuscivano a muoversi. Erano spacciati. I sintomi erano svariati. La loro pelle si incominciò a squamare. Chiamarono un dottore. Li visitò. Non aveva mai visto una cosa del genere. Si recò al dipartimento malattie infettive per richiedere la visita della coppia alla loro abitazione. Durante la notte i due morirono. Arrivati gli specialisti li avrebbero trovati morti. Il giorno seguente arrivarono i medici. Bussarono alla porta. Non rispose ne aprì nessuno. In allarme, decisero di aprire la porta scassinandola, ma si accorsero che non era chiusa. Cercarono in tutte le stanze Enrico ed Elvira. Non li trovarono. Così chiamarono tutti gli ospedali limitrofi per chiedere se avevano informazioni dei due. Non erano presenti in nessun ospedale. L'allarme contagio era alto. Si mobilitarono immediatamente per cercarli, chiedendo anche informazioni ai vicini. Un vecchio vagabondo che viveva in una baracchetta vicino alla loro casa li aveva visti. Era di notte e c'era una nebbia molto bassa. Vide la coppia che trascinando i passi,mano per mano, camminava per la strada. Erano diretti verso una zona collinare. La zona dove avevano acquistato il terreno.
Dopo varie ricerche e con l'aiuto della polizia, i medici specialisti vennero a conoscenza dell'acquisto del terreno: dunque decisero di andare a fare un sopralluogo alla ricerca dei coniugi.
Non trovarono nessuno tranne che delle carcasse di animali : erano privi del sangue e degli organi interni. L'area circostante emanava un fetore insopportabile. Non capendo da dove veniva intensificarono le ricerche, ma non riuscirono a trovare una causa. Non riuscirono a trovare nemmeno i due poveretti. Probabilmente erano morti, ma non si avevano prove. Nessuno ebbe più notizia dei coniugi. Con il passare degli anni quell'area restò incolta e senza padroni. La casa cadde a pezzi. Restava in piedi soltanto il casaletto. Successivamente la zona venne dichiarata edificabile. Un costruttore acquistò il terreno e volle tirarci su un piccolo centro residenziale.

Erano le cinque di un mattino qualunque. La squadra addetta agli scavi si era riunita a fare colazione e pianificare il lavoro. Assegnarono la demolizione del piccolo casale al giovane Miguel, un immigrato Hondureno che era in prova. Quel mattino nessuno poteva pensare alla scoperta che avrebbero fatto più tardi, poiché non erano a conoscenza dei fatti accaduti in passato. Erano tutti pronti. Indicarono a Miguel la costruzione da demolire. Lui prese gli attrezzi, andò verso il casaletto e arrivato alla porta vide un lucchetto massiccio a serrare l'entrata. Lo ruppe con tre colpi di mazza. Ahimé! Aprì la porta. Quello che gli si presentò davanti era mostruoso. Un vecchio, con la pelle chiazzata di grigio, bubboni blu sul volto e occhi pieni di sangue si alzò dal terreno. Stette a fissarlo non più di due secondi prima di saltargli addosso e strappargli la carne del volto. Consumò il povero Miguel in trenta secondi. Se ne accorse un altro operaio che raccoglieva i pezzi rimasti della casa. Corse verso il morto vivente e gli piantò il piccone nel cervello. Gli occhi gli schizzarono fuori dal cranio, dalla bocca fuoriusciva una melma putrefatta e fetente. Cadde a terra. Lo zombie fu annientato. Tutti gli operai accorsero sul posto, increduli. Solo l'addetto alla scavatrice non era presente perché non aveva sentito. Aveva le cuffie anti inquinamento acustico e stava scavando nell'orto. Quando arrivò a tre metri di profondità tirò su una marea di melma grigia. Dentro la buca erano presenti un centinaio di cadaveri: i loro corpi nutrivano delle radici. Le radici che avrebbero dato vita a quei maledetti frutti del terreno.

Obiettivo Mancato: Il premio Crawford

Buonanotte a tutti,
è con immenso dispiacere che scrivo queste quattro parole:
Non sono riuscito a classificarmi tra i primi 10 del premio letterario F.M. Crawford.

Il mio racconto "Terra Contaminata" non ha colpito purtroppo, ma alla fine sono contento di aver partecipato al mio primo concorso.
So che ho tantissima strada da fare sia come scrittore che come regista.
Ma io ci provo, provo a inseguire i miei sogni e chissà se un giorno riuscirò ad acchiapparli :-D.
Anche perché in questo periodo sto cavalcando l'onda della creatività ma non quella del tempo e della volontà, ma non resto fermo!!
Le idee le imprimo in un nastro, poi le riporterò in nuovi racconti o magari riuscirò a finire il mio romanzo.
Dopo questo piccolo sfogo inserirò un altro post:

"Terra Contaminata"...

Buoni incubi a tutti.

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